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9. Anomalie

 

Carl E. Schorske individua nel periodo dei piani urbani per la municipalità viennese l’ambito di una metamorfosi che trasformerà Wagner da architetto–impreditore del Ring a protagonista e capo scuola del modernismo architettonico:

Il primo passo di questa metamorfosi venne compiuto per mezzo di certe progettazioni di ingegneria urbana; il secondo, attraverso la partecipazione di Wagner al movimento secessionista, l’art nouveau viennese. Il progetto di una ferrovia urbana gli offrì l’occasione di formulare una tecnica delle costruzioni, mentre la Sezession gli additava un nuovo stile nella quale eseguirla[1].

Questo parallelismo tra tecnica e stile evidenzia tutte le contraddizioni del modernismo wagneriano. L’utilizzo di un apparato decorativo così esplicito, allo stesso tempo, caratterizza come non–avangurdia l’esperienza wagneriana[2]. Unico e ultimo elemento di continuità con il passato. Leroi–Gourhan, con un approccio naturalistico, ci aiuta a cogliere questo dato di continuità nei rapporti che legano funzione e forma, forma e decorazione:

…nell’animale come nell’uomo, il rivestimento non funzionale e fatto di sopravvivenze, di segni di origine filetica, legati per l’uno al passato della specie, per l’altro al passato dell’etnia[3]. 

La decorazione quindi assume un valore residuale[4]. Il progredire dei lavori di realizzazione della stadbahn mette in luce un graduale allontanamento dallo stile a favore dell’aspetto funzionale. Se nell’Hofpaviollon, la fermata imperiale, pur nei riferimenti barocchi, non si disdegnava l’impiego del metallo, a Unter–Döbling l’impiego del ferro nell’arco–ponte ferroviario di sostegno del tetto torna ad essere simbolico. Anomalie, che secondo Schorske:

…costituivano l’inevitabile corollario dello sforzo di Wagner, volto ad assimilare i nuovi materiali da costruzione come fossero stati neologismi da immettere nella grammatica ortodossa dell’espressione architettonica …tentativo di conferire dignità alla tecnologia, di celebrarla come espressione di “cultura”[5].


10. Conclusione Le opere di ingegneria, caratterizzate dal loro stile utilitaristico “di Adamo nudo e forte” fino ad ora relegate all’antropizzazione del paesaggio rurale possono adesso entrare, attraverso l’architetto, all’interno di un mondo urbano che da tempo, demolendo le proprie mura, si era aperto verso quel territorio che, a partire dallo sviluppo della metropoli, non poteva più sottrarsi dall’essere corpo organizzato e vitalizzato dalla città.

Un vero e proprio cervello in espansione, capace di dotare di fisicità l’organismo urbanizzato, dove la rete infrastrutturale diviene sistema nervoso, ma arche articolazione e protesi.

Il merito di Wagner sta nell’avere condotto la pianificazione della città verso il controllo delle reti[6] — la metropolitana tra queste[7] — definendo un estremo (utopico?) tentativo di intervento in un organismo territoriale avviato verso sviluppi e ritmi che sfuggono oramai a qualsiasi atto consapevole dove le leggi dell’espansione urbana sembrano divenire inaccessibili ed intraducibili culturalmente[8].

La via di Wagner non è né eversiva né storicista, certo non quella del Ring […] che va ripetendo ossessivamente le frasi del passato negando ogni mutazione temporale nel continuo tentativo di riaffermare il “già detto”, di prolungare disperatamente un sistema di valori sempre più estraneo alla realtà storica: egli prova invece a “dire il contemporaneo”, il provvisorio del proprio tempo, servendosi delle parole che ha a disposizione, aprendo la strada a coloro che dopo di lui si accorgeranno che molte cose non sono neppure “dicibili”[9].




[1]Schorske, Carl E., Vienna fin de siècle…, cit., pag. 73.

[2]”La coscienza di non poter inventare nuove lingue è già presente in Wagner che si limita alla verifica di quella esistente per mezzo di un continuo riattraversamento di memorie ed esperienze filtrate e decantate dallo strumento dell’userer Zeit, unica alchimia possibile per poter ancora “parlare” prima dei silenzi loosiani e wittgensteiniani”. Oddo, Adriano Maria, Otto Wagner…, cit., pag. 12.

[3]Leroi–Gourhan, André, Il gesto e la parola – Tecnica e linguaggio – La memoria e i ritmi, Milano, Einaudi, 1977. [Ed. or., Le geste et la parole – Technique et langage – La mémoire et les rythmes, Albin Michel, 1964–1965], pag. 351.

[4]”…è in Wagner la volontà di non dare per consumato quanto è nelle lingue paterne senza attraversare, più e più volte quelle lingue: né è facilmente decidibile se la sua è un operazione di bonifica o di inquinamento”. Tafuri, Manfredo, Am Steinhof…, op. cit., pag. 86.

[5]Schorske, Carl E., Vienna fin de siècle…, cit., pag. 75.

[6]Questa impostazione non ebbe seguito nel dopoguerra dove si pose mano ad operazioni di ispirazione antiurbana: “I maggiori esponenti della cultura socialdemocratica viennese rinunciarono al controllo dell’intera gestione urbana, in favore della risoluzione della questione delle abitazioni. La scelta di creare “la democrazia attraverso la casa” si propone in soluzioni antimetropolitane: di fronte alla produttività della città, i grandi Höfe sono in questo senso monumenti chiusi in se stessi”. Venier, Arnalda, Monumento metropolitano – Il programma di O. Wagner per la Vienna del dopoguerra, in “Lotus international”, 1981, anno IV, n. 29, pag. 92.

[7]La singolare coincidenza che nelle lingue neolatine ha comportato, per ellissi, il passaggio del termine metropolitana da aggettivo (ferrovia metropolitana) a sostantivo (metropolitana) è indicativo del profondo legame tra infrastruttura e città ed ha suggerito il titolo di questo scritto facendo intenzionalmente torto alla originario appellativo (stadtbahn).

[8]La metropoli contemporanea sembra comportare una rottura dell’equilibrio tra uomo–individuo e organismo urbano, tale crisi viene evidenziata da Leroi–Gouhran nella divaricazione esistente tra l’uomo contemporaneo e l’uomo zoologico che trova nella dimensione spaziale  il proprio fondamento: ”Fino al secolo XIX le unità urbane, grandi o piccole, sono forme equilibrate, anche se lo sviluppo ha dato ad esse una trama molto complessa. La conservazione dell’equilibrio è condizionata in gran parte dal valore delle distanze che dall’origine della città in poi è rimasto a misura del passo umano […]. L’agglomerato urbano del secolo XIX e i mostri urbani che ancora sopravvivono per effetto dell’esplosione demografica corrispondono ad una crisi il cui inizio e certo dovuto a una revisione completa dei valori sociali ed economici, ma il cui agente diretto si colloca a livello dei trasporti […]. Il sistema tecnico della società dalla metà del secolo XIX si è posto su una scala delle distanze che non è in proporzione con l’orbita in cui l’uomo aveva sempre trovato il suo equilibrio funzionale […]. In un ambiente urbano che si amplia gli individui sono portati a poco a poco a tracciare le loro orbite personali su uno sfondo topografico il cui sviluppo è coerente rispetto ai nuovi mezzi, ma anarchico rispetto al comportamento spazio temporale dell’uomo zoologico”. Leroi–Gourhan, André, Il gesto e la parola…, cit., pag. 399 e sgg.

[9]Oddo, Adriano Maria, Otto Wagner…, cit., pag. 12.

 
     
 

|  |  Ultima revisione martedì 30 luglio 2013 | ©  Cipriano Bortolato | Note legali |