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Otto Wagner e la Metropolitana

 

Nella metropoli la tecnica prevale sull’architettura. Sfugge a qualsiasi tipo di codifica, di asservimento, da parte dell’architetto. La città ancien régime che si appresta a divenire metropoli appartiene all’ingegnere[1].

D’altronde la città, una volta abbattute le mura, assume un nuovo ruolo che ne supera il limite fisico — se ancora un limite esiste — e si relaziona al territorio.

La centralità come principio organizzativo, e non la cinta, ecco il cambiamento essenziale, che la città funzioni conta più della sua forma[2].

Si afferma una visione utilitaristica della città che tende alla valorizzazione del funzionamento e non delle forme visibili, del territorio e non dei privilegi giuridici, espressione di nuove relazioni sociali[3]e della progressiva industrializzazione della città che non avviene con l’introduzione di attività produttive nell’ambito urbano, ma con l’ingresso di nuove tecniche di trasporto, di reti di servizi, di nuovi materiali, accompagnato dall’iniziativa imprenditoriale[4].

Il tentativo che tra Ottocento e Novecento cerca di fondare una disciplina urbanistica è indicativo dell’esigenza di dar corpo a tecniche di controllo globale della città. Il succedersi di aggiustamenti di rotta, l’ingresso e l’uscita di discipline e tecniche accessorie rispondono alla difficoltà di dominare quel congegno artificiale che ormai vive, si espande e riproduce, secondo modalità naturali costituito dalla metropoli.

Non a caso Guido Zucconi parla di città contesa[5] tra ingegneri e medici detentori delle tecniche e architetti che con difficoltà riescono a tenere il passo delle trasformazioni. Gli stessi architetti che alle sollecitazioni tecnologiche della metropoli offriranno, come si vedrà, risposte divergenti.

In questo contesto, dopo l’esaurimento dell’esperienza della Ringstraße,  a Vienna Otto Wagner e i suoi progetti per la metropolitana costituiscono un momento significativo quale ten­tativo di riportare, con una nuova visione, nell’alveo dell’architet–tura nuove tecniche e interventi di gestione urbana.

I rivolgimenti nell’ambito dell’alta cultura della Vienna fin de siècle accompagnano questa fase dell’architettura e della città: la nascita della psicoanalisi con Freud, la rottura nel campo arti­stico operata da Schönberg, Klimt, Kokoschka, la disgrega­zione del liberismo politico, fanno da sfondo alla contrapposizione tra storicismo sittiano e moder­nismo wagneriano[6]. 

La critica allo storicismo sarà la base della nuova formulazione architettonica di Wagner che par­tendo dai valori del moderno, della metropoli e della tecnologia darà vita ad una nuova arte con “il compito di adeguare il volto della città all’umanità contempo­ranea”.

Si tratterà di un’arte vitale, interpretazione della contemporaneità, e priva di velature nostalgiche. Espressione fiduciosa della capacità dell’uomo di addomesticare non solo la natura, ma anche — e forse per l’ultima volta — ciò che egli stesso produce.




[1]“…la città del passato andrà squarciata dalle linee del progresso, dal rapido passaggio delle merci e delle tramvie a cavalli, delle condotte per il drenaggio e l’approvvigionamento idrico. L’ingegnere specialista in idraulica, in costruzioni civili e ferroviarie, traccerà il nuovo profilo stradale del collegamento tra la nuova stazione ferroviaria e il centro cittadino, indicherà l’andamento dei primi viali di circonvallazione sulle macerie dei bastioni demoliti; progetterà argini e terrapieni per la difesa dalla piene…”, Zucconi, Guido, La città contesa – Dagli ingegneri sanitari agli urbanisti (1885-1942), Milano, Jaka Book, 1989. pag. 25.

[2]Roncayolo, Marcel, Le mura dopo le mura — Realtà e rappresentazione della cinta muraria fra Otto e Novecento: Marsiglia e Parigi, in De Seta, Cesare, e Le Goff, Jacques (a cura di), La città e le mura, Bari, Laterza, 1989, pag. 429.

[3]”Ecco dunque le relazioni sociali, molteplici, ancora non definite, in gestazione: ambizioni di una borghesia che si rinnova e muta orizzonti, ascesa di speculatori e trafficanti in denaro, immaginario dei medici e degli ingegneri (più raramente degli architetti), alla ricerca di una razionalità tecnica applicata alla città: tutti aspetti diversi di un popolo che non è più quello dei Miserabili”, Roncayolo, Marcel, L’esperienza e il modello, in Olmo, Carlo, e Lepetit, Bernard (a cura di), La città e le sue storie, Torino, Einaudi, 1995, pag. 62.

[4]Ivi, pag. 64.

[5]Zucconi, Guido, La città contesa…, op. cit., passim.

[6]Schorske, Carl E., Vienna fin de siècle — La culla della cultura mitteleuropea, Milano, Bompiani, 1981 [ed. orig., Fin–de–siècle Vienna, 1961], passim.

 
     
 

|  |  Ultima revisione martedì 30 luglio 2013 | ©  Cipriano Bortolato | Note legali |